Lo ammetterò, questa volta, almeno a me stessa?
Che è successo ancora?
Che bramo quelle labbra e quel pericolo che si schiudano sul mio respiro agitato,
che manca poco al salto nel buio delle luci psichedeliche e nei tuoni nelle orecchie, nel mezzo delle mosse stupide e di quelle riuscite bene.
Forse dichiarerò a me stessa che lo voglio ancora. Nuovi orizzonti che non sono apparsi alla mia vista, che improvvisamente desidero. Nuovi tasselli di un mosaico da incollare sul cemento bagnato.
E si susseguiranno i recapiti, gli abiti consumati e le confessioni con le croci in mano. Attaccati al petto. Che in fondo, non vogliamo lasciarle andare.
Battere nuove terre biforcate per perdersi di più.
Che una sola strada, non c’è mai stata.
Incontri che non ricordavo, deja vù.
Da ubriachi i nostri racconti erano, tutto a un tratto, interessanti. Tutto a un tratto vicini.
Ed erano bellissimi i suoi colori ed odori che erano solo per me.
Il giorno dopo a combattere i sensi di colpa. A farsi vincere da essi.
I sorrisi che mi inseguivano.
Cercare di rimuoverli dall’albo della storia con chiamate elettroniche, ma non funziona granchè.
E dopo un rotolo di giorni i miei odori e colori erano solo per lui.
E lui lo sapeva.
Ma in giro c’erano carni facili e sudate.
Mi piaceva.
Mi piaceva che avesse tanto un animo inquieto quanto il mio.